Per l’approccio radicalmente maieutico, per l’enfasi posta sul senso, in luogo dell’oggetto di apprendimento, l’inverseTraining si configura in partenza come strumento perfetto per il coaching.
La sua particolarità è quella di essere un modello di coaching in cui non trova casa la PNL, tanto da averlo definito un metodo “PNL free”, come detto nell’articolo
“Perché InverseTraining® è un metodo di group coaching “PNL free”.“
Chiariamolo da subito: non abbiamo nulla contro la PNL, che risulta utilissima quando ad applicarla sono professionisti competenti ed eticamente corretti: sarebbe come avercela con i martelli, che sono strumenti indispensabili per piantare i chiodi, ma che possono fare molto male nelle mani di persone con cattive intenzioni.
La Programmazione Neuro Linguistica, da qualche anno a questa parte, sembra essere diventata indispensabile per il coaching e importante per la formazione, come se non potesse esistere un coach in grado di farne a meno o un formatore capace che non la utilizzi, ma non è necessariamente così.
La PNL è un approccio negli effetti abbastanza vicino all’ipnosi, che, come per l’ipnosi, modifica temporaneamente la percezione della realtà nelle persone e quindi rischia di peggiorare i problemi, invece di risolverli, se non perfettamente utilizzato.
Per il coach si tratta, in moltissimi casi, solo di una scorciatoia, neanche particolarmente efficace nel medio/lungo periodo, che di fatto riduce la libertà e l’autonomia del coachee, invece di incrementare la sua capacità di migliorare la propria condizione.
Il motivo è semplice e lo abbiamo detto prima: la PNL agisce sulla percezione, non sulla realtà, e la confusione fra i due piani incrementa, invece di diminuire, le difficoltà che il coaching dovrebbe contribuire a risolvere.
Nel caso di patologie legate alla psiche, ad esempio, in cui si evidenzi che è la percezione di un problema a influenzare la vita del paziente, funziona perfettamente, come è logico, poiché è modificando la percezione che si può agire sul problema.
Quindi si tratta di uno strumento formidabile, se utilizzato nel giusto ambito, per ottenere in pazienti con problemi psicologici importanti, cambiamenti di breve durata, utili come “varchi” per il conseguimento di altri obiettivi.
Non può essere quel momentaneo mutamento di percezione l’obiettivo della cura, in quanto, per l’appunto, non ottiene cambiamenti definitivi: è una finzione.
Ma stiamo comunque parlando di ambiti clinici e di relazioni di cura.
In mancanza di patologie, non c’è un problema che si risolva modificandone la percezione, in quanto la percezione originaria, se non è “malata” è corretta, quindi devo agire sulla radice e non sull’aspetto della cosa.
Un esempio tipico è l’autostima: se c’è una debolezza nel tuo carattere o nella tua formazione che ti impedisce di raggiungere dei risultati in una determinata parte della tua vita, posso agire con la PNL in maniera tale da non farti percepire per qualche tempo quella debolezza, e così incrementare la tua autostima al punto da spingerti verso quei risultati, ma, a meno di affrontarla in maniera adeguata, la debolezza rimane lì e si ripresenterà entro breve tempo, generando tutt’al più una completa dipendenza dal coach, non l’affrancamento dal problema.
I coach e formatori più bravi e eticamente corretti utilizzano la PNL quasi esclusivamente allo scopo di ottenere nei clienti quello che viene chiamato un “insight” (una illuminazione improvvisa, un “Eureka!”, per dirla in maniera meno anglo centrica), ma troppo spesso viene piegata a usi differenti.
Per questo motivo ci sono persone che partecipano a determinati eventi motivazionali, riunioni molto grandi in cui si “pompa” in chi non riesce a raggiungere i propri obiettivi la convinzione e l’autostima fino a limiti altissimi, ma senza agire sulle problematiche che hanno portato all’insuccesso.
Costoro sono spesso costretti a tornare e tornare e tornare a quei corsi, per rinnovare quella sensazione esaltante di forza invincibile, di autostima massima, che si può ottenere attraverso l’uso massiccio della PNL, oltretutto potenziata dal fatto di essere parte di una massa, quindi già naturalmente portati all’esaltazione.
È come una droga: ti fa sentire un leone, ma non può farti diventare stabilmente un leone, per questo sei costretto a prenderne ancora e ancora.
Per questo motivo con il nostro metodo non si lavora mai sul piano della manipolazione emozionale, ma esclusivamente su quello della creazione di connessioni cognitive, lasciando libero e responsabile ognuno delle proprie emozioni e anche della creazione di un proprio percorso di identificazione di senso da dare alle conoscenze che si scambiano, si acquisiscono e rafforzano in una sessione di inverseTraining®.
Siamo convinti che crescere e migliorare la capacità di interagire con il proprio mondo possa avvenire solo potenziando la libertà di ragionare autonomamente che dà l’esplorazione della realtà stessa, e che farlo accadere attraverso modalità di interazione non gerarchizzate, ma professionalmente catalizzate sia un modo radicalmente più efficace per fare formazione e coaching di gruppo.
E in fondo questa è la differenza e la novità dell’inverseTraining®.
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